venerdì 24 settembre 2010

Augureggiare o non augureggiare? Questo è il problema.

Poi succede che è il compleanno di una persona a cui tenevi, e fargli gli auguri non significa risentirsi dopo tre mesi, ma piuttosto intavolare una discussione messaggistica fatta di fraintendimenti, di ironia e cinismo fraintesi e di scuse a cui non credi nemmeno mentre le scrivi, e tutto per arginare il casino.
Adesso devo fare una scelta, e so che qualsiasi risposta darò alla domanda, che sia o no, sarà quella sbagliata. Mi farà rimpiangere di non avere dato l'altra, anche se sarebbe stata altrettanto rimpiangevole.
Quando sono arrivata in biblio avevo un diavolo per capello. Ero nervosa come solo lui sa farmi diventare. In un quarto d'ora mi sono caduti quattro libri dalle mani (libri, non intere pile). E l'affermazione "oggi sono rincoglionita" era sufficiente a spiegare al mio mondo lì dentro cosa poteva essere successo prima delle tre di pomeriggio.
Poi è arrivato Marco, e ci siamo messi a lavorare insieme. E ci siamo beccati come marito e moglie. O come fratelli. Tutto il pomeriggio, tranne quando è stato a fare matematica. Che è comunque tornato da me per farsi scegliere l'equazione. Adoro scegliere equazioni. Le più cancare del libro, via. Le peggiori gliele ho sempre scelte io.
E, puro caso, stasera ho avuto una delle mie solite discussioni con i miei. Perché una volta che ho tolto il freno, che sono stata provocata e tesa e nervosa tutto il giorno, loro sono la goccia che fa traboccare il vaso. Tutte le sere, stessi discorsi, ormai mi entrano da un orecchio ed escono dall'altro, ma sentirli parlare mi urta lo stesso. Parlano sempre tra di loro, di cose che hanno vissuto entrambi. E io cerco di vedere la ghigliottina all'eredità. L'altra sera potevo vincere 45000 euro, la parola era "fontana".

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