domenica 1 maggio 2011

Beato

Se mi sbaglio,
mi corigerete.

Ciao, Karol. Scusa se ti do del tu, ma noi ragazzi di oggi siamo fatti così e le buone maniere non ci entrano tanto in testa. Ho saputo che il primo che si è azzardato a darti del tu è stato un operaio della Montedison, e ha creato un precedente. Qualcuno ti chiamava nonno, qualcuno ti chiamava papa, qualcuno scandiva il tuo nuovo nome, Giovanni Paolo, battendo le mani.
Quando te ne sei andato, quella sera, quel quattro aprile di sei anni fa, era sabato. Io ero a casa, stavo ascoltando musica, me lo ricordo, quando mia madre è venuta a dirmi “è morto”. Non c’era bisogno di specificare chi. Da giorni in tivvù non si parlava d’altro, come adesso non si parla d’altro che del matrimonio del principe William. Ricordo di aver detto qualcosa come “ah” oppure “va bene”. Interessamento sottozero. La verità è che piangi dopo. Piangi quando te ne rendi conto. E forse, piangi quando sai davvero cosa vuol dire.
Ieri sera sul due hanno fatto uno speciale su di te. Hanno parlato di quello che hai fatto, di cosa sei stato. E io lo sapevo, ancora prima di sedermi davanti alla tivvù, lo sapevo che avrei pianto. Chi mi conosce sa che trovavo (e trovo tuttora) insopportabile l’angelus durante il pranzo della domenica e tutto quel genere di cose. Eppure, pur odiando con tutta me stessa quel signore vestito di bianco che mi rovinava il pranzo e i miei che gli andavano dietro, quando non ci sei più stato si è vista la differenza. Il pastore tedesco non mi piace, diciamo la verità. ma adesso non ho voglia di parlare di lui.
Certe volte mi chiedo come facevi. Ti ho conosciuto vecchio e malato, con quella mano che non stava ferma, col bastone per dare addosso anche ai giornalisti, con la testa curva e le parole strascicate. Ma eri forte, andavi avanti e tutti ti volevano bene.
Certe volte penso alle immagini che ci facevano vedere in tivvù, quella memorabile in cui seduto sul trono, vecchio e stanco, agitavi le mani a tempo di musica insieme ai ragazzi. Penso che se hai attorno così tanta gente che ti da così tanto calore, che ti vuole così bene, che ti interrompe per applaudirti e non ti fa neanche finire di parlare, allora puoi fare cose straordinarie. E le hai fatte. Dopotutto, la metà dei cardinali polacchi sciava, no?
E penso che se nella tua vita dai tanto, poi potrai ricevere altrettanto. Me la ricordo la gente in Piazza San Pietro gli ultimi giorni. Me la ricordo e mi chiedevo cosa andassero a fare, dato che non ti avrebbero visto. Ma a loro non interessava vederti. Loro semplicemente c’erano. Tu li avevi cercati e loro erano venuti da te.
Ricordo che un giorno stavo andando in stazione a prendere la corriera e davanti a me camminava un ragazzo con l’Eastpak. Gli Eastpak sono fatti apposta per scriverci sopra e tutto il resto. Aveva una frase scritta sulla tasca: “Non c'è speranza senza paura, non c'è paura senza speranza. Giovanni Paolo II”. Non so se fosse mai venuto a vederti. Mi domandai perché avesse scelto di citare te quando tutta la gente della nostra età scrive sullo zaino frasi di Vasco o Bob Marley.
E poi, la tua ultima apparizione pubblica. Dentro alla bara, in realtà. Rivederlo ieri sera mi ha fatto piangere, il che sembra abbastanza normale considerato ciò che ho detto finora in proposito. Ma il fatto è, secondo me, che piangevo perché sapevo cosa veniva dopo. La bara in sé non ha niente di speciale. Neanche sapere che dopo ti avrebbero messo su quel tappeto e ci avrebbero appoggiato il vangelo aperto, farebbe piangere. Quello che fa piangere è vedere che le pagine girano, girano col vento fino alla fine e poi anche la copertina si chiude, come se una mano invisibile la girasse, per decretare che quella è davvero la fine.
Il fatto è che me ne sono resa conto troppo tardi. Ho saputo cosa significa fine solo quando è  morta mia nonna. Forse l’hai vista, sono sicura che c’è anche lei lassù. Sono sicura che lo sa che mi manca, ma se la incroci puoi sempre ricordarglielo che non si sa mai.
Quand’è morta, un amico mi aveva avvertito: quando sarà nella bara aperta penserai che sta dormendo. Quando la chiuderanno penserai che forse le resta lo stesso un po’ di aria e se si sveglia bussa. Ma quando metteranno la lastra di marmo e chiuderanno la tomba, saprai che è finita davvero. E allora crollerai.
E dopo che sei crollata una volta, non ci vuole molto a ripeterlo. E quel vangelo che si chiude del tutto è un buonissimo motivo per crollare.
E sì, lo so, c’è la resurrezione e tutto il resto ma io sono appiccicata alla vita con tutte le mie forze, e non riesco a darmi torto, dopotutto.
Oggi ti hanno fatto beato. Adesso, se ci penso bene, avrei voluto essere anche io tra quelli che chiedevano “santo subito” quel giorno a Roma. Ma ancora non capivo.
Non so come può essere che una persona che non hai mai incontrato manchi, ma succede. Forse ti volevo più bene di quanto dimostravo al mondo.

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